sabato 11 agosto 2012

Parmigiana di melanzane


Ecco un altro piatto di difficile collocazione regionale. Possiamo dire che, con le dovute varianti, è piuttosto diffuso nel meridione. Inoltre è un piatto ricco ma tipicamente estivo, poiché la materia prima, le melanzane, maturano esattamente in questo periodo. Anche in questo caso siete invitati a postare i vostri commenti, le vostre varianti su questa ricetta qui presentata in versione “campana” e, a fine ricetta, troverete la variante “calabrese” a me molto cara.

Parmigiana di Melanzane
Osteria Nunzia, Benevento

Ingredienti per 6 persone
1,5Kg di melanzane
1 cipolla, 1 ciuffetto di basilico
1,5Kg di pomodori da salsa (o l’equivalente in passata)
6 uova
farina di frumento
6hg di fiordilatte
0,5hg parmigiano reggiano
olio extravergine di oliva, sale q.b.

Tempo necessario: 2h + il raffreddamento

Mondate e lavate le melanzane, tagliatele a fette spesse mezzo centimetro e mettetele sotto sale in un colapasta. Lavate i pomodori, tagliuzzateli e uniteli a un soffritto di olio e cipolla. Cuocete la salsa per una mezz’ora e quindi passatela al passaverdure. Un consiglio: se avete una buona conserva di pomodoro...
Riprendete le melanzane dopo almeno 45 minuti sotto il sale, passatele sotto l’acqua, asciugatele e passatele prima nella farina e poi nelle uova sbattute. Friggetele in olio caldo fino a quando non saranno dorate e poi asciugate l’olio in eccesso con della carta assorbente. Coprite il fondo di una teglia da forno con un pò di sugo di pomodoro, alcune foglie di basilico quindi sistemate uno strato di melanzane accavallandole leggermente e sopra aggiungete uno strato di fior di latte tagliato a dadini. A questo punto prendete un pò di parmigiano precedentemente grattuggiato e mettetene un pochino. Si riparte con il sugo...fino ad esarurire tutti gli ingredienti. Se avete avanzato dell’uovo sbattuto unitelo al pomodoro e coprite il tutto aggiungendo ancora foglie di basilico e parmigiano grattuggiato. Infornare a 170° per circa mezz’ora. Se avete un forno ventilato riducete la temperatura a 150°/160°. Non si serve calda ma tiepida o meglio, a temperatura ambiente.

Variante: in calabria si usa aggiungere fettine di uova sode, salsiccia al finocchio e si sostituisce il parmigiano con il pecorino e il fior di latte con il caciocavallo fresco


Azienda Agricola Visconti - Nizza Monferrato (AT)


Il territorio astigiano offre una varietà incredibile di ricchezze gastronomiche. Questi “tesori” dell’orto venivano trasformati in prelibate conserve dalle nostre nonne e dalle nostre madri, in vista dell’autunno e delle festività invernali. Oggi sono sempre meno le persone che hanno la pazienza e la voglia di cimentarsi con questo genere di lavoro prettamente estivo. L’alternativa ve la presento io: i prodotti dell’azienda agricola Visconti. L’azienda, fondata nel 1970, ha sede a Nizza Monferrato, nella piana del torrente Belbo. Sin dalla fondazione le coltivazioni delle verdure (peperoncini, cardi, pomodori, peperoni, carote etc.etc.) sono effettuate nel rispetto dell’ambiente con lavorazioni del terreno rispettose della natura, con sarchiature e concimazioni organico minerali. La piana del Belbo, di origine alluvionale, è perfetta per questo tipo di coltivazioni, in particolare per il famoso “cardo gobbo”, pregiato ortaggio autunnale principe della Bagna Caoda. Carlo Visconti e sua moglie, coadiuvati da una team molto affiatato di operaie, trasformano tutto questo in sugo del boscaiolo, antipasto alla piemontese, bagnetto verde, peperoncini ripieni con tonno o acciughe e, ovviamente, bagna cauda. Assolutamente da provare la mostarda di cardo gobbo, che si abbina perfettamente con formaggi freschi e semistagionati.
Tutti i prodotti che ho assaggiato sono stati realizzati senza badare a spese, nemmeno sull’olio usato per le conserve, pur di creare un prodotto di altissima qualità.
I prodotti, purtroppo, non hanno una distribuzione capillare nelle gastronomie locali e quindi il suggerimento è di fare un giro a Nizza Monferrato e di fare una telefonata in azienda per verificare la sua apertura.

Azienda Agricola Visconti di Visconti Carlo
Strada Bossola 29
14049 Nizza Monferrato (AT)
tel. 0141/721285 oppure 0141/721026 fax 0141/721026


Le sagre: istruzioni per l'uso


Estate, periodo di sagre. Manifesti affissi per la Nizza (dove vivo, ndr) descrivono i numerosi eventi dei paesi limitrofi: sagra delle trofie, sagra della porchetta, sagra del fritto misto (pesce), festa della birra, sagra dell’agnolotto...
Mi metto nei panni del turista, magari tedesco o danese, che arrivato in Piemonte si trova di fronte ad una festa di paese tutta incentrata sulla mescita di birra, nemmeno artigianale e locale. E come se io mi trovassi a Monaco durante l’Octoberfest e scoprissi che danno da bere del barbera. Ci sono, quindi, diversi motivi per evitare questo tipo di eventi. Sia chiaro: non tutti sono da evitare, occorre distinguere tra la sagra della nocciola di Cortemilia (assolutamente in tema con il prodotto ed il territorio) e la sagra delle trofie al pesto di un paesino dell’astigiano vicino a Nizza (non lo cito per evitare polemiche). Il distinguo lo dovete fare voi, tenendo acceso il vostro personalissimo radar enogastronomico.
Dicevo che ci sono diversi motivi per evitare questo tipo di manifestazioni. Il primo appare evidente a tutti: come può essere il pesto una salsa tipica dell’astigiano? E’ vero che si può fare il pesto ovunque cresca il basilico ma chiunque abbia assaggiato il vero pesto genovese, quello realizzato con il basilico d.o.p. di Prà, conosce perfettamente la differenza. Questo tipo di manifestazioni, quindi, si pongono al di fuori della tradizione gastronomica locale, non sono “tipiche”: punto e basta. La porchetta è uno degli alimenti più utilizzati per realizzare queste feste “fuori tema”, perchè ben si presta ad attirare un pubblico giovane. Non importa se questa viene comprata già cotta e industriale: tanto si presuppone che i giovani non capiscano niente. Volete la vera porchetta? Particolarmente famosa è quella di Ariccia (Roma): si tratta di una scrofa privata di spalle e cosce, cotta senza interiora e disossata completamente. Viene aromatizzata al suo interno con sale, pepe nero, aglio e rosmarino, legata e quindi cotta allo spiedo per 5 ore. Si tratta quindi di una tradizione propria del centro-sud che niente ha a che vedere con il Monferrato.
Vogliamo inoltre dire che queste associazioni, Pro Loco per la maggior parte, non fanno quindi il lavoro di promuovere davvero il “loco”? Se un posto è quindi privo di tradizioni gastronomiche particolari è obbligatorio inventarsene una pur di tirare su qualche soldo? Vogliamo inoltre dire che queste associazioni non sono soggette alle indicazioni sanitarie delle A.s.l. al contrario dei ristoratori veri e propri? Vi fidate davvero di queste “cucine volanti” e di queste persone che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono completamente digiune delle norme H.A.C.C.P.? Vero è che ci si può anche intossicare in un ristorante, per carità, ma non venitemi a dire che è più probabile. Mi rifiuto categoricamente di credere che i controlli sanitari non servano a niente (e so che se ne fanno parecchi) ma laddove non vengono fatti, ci dobbiamo fidare ciecamente di chi ci sta di fronte.
Ecco dunque le regole per evitare le sagre “inutili” e potenzialmente pericolose:

  1. Informatevi sulla tradizione gastronomica locale ed evitate tutto ciò che fuoriesce dal “tema”;
  2. Scegliete sempre alimenti ben cotti, evitando i fritti che vengono realizzati spesso con olio di palma, frazionato o, nel migliore dei casi, con olio di semi che ha oltre 20.000Km di percorrenza.
  3. Osservate l’interno dello stand e preferite quelli con le cucine “a vista” dove potete osservare le varie fasi della preparazione. Evitate le cucine “nascoste”.
  4. Osservate gli addetti che devono indossare guanti monouso e cuffie per evitare la caduta di capelli negli alimenti. Evitate inoltre lo stand dove chi è a contatto con il cibo maneggia altro (soldi, taniche di benzina per il gruppo elettrogeno, ecc.ecc.)

Insomma, occhi aperti e se proprio avete voglia di sagra, scegliete con cura, sapendo che ce ne sono alcune molto valide e tipiche che vale veramente la pena visitare.

lunedì 6 agosto 2012

Hell's Kitchen? No, grazie.

Preso dall'insonnia mi alzo alle 04.00 di mattina e accendo la tv. Cosa guardo? Un programma di cucina, no? Per la prima volta decido di guardare il programma «Hell's Kitchen», una sorta di reality di produzione americana e, siccome sono un ragazzo fortunato, è la finale. Al di la della spettacolarizzazione necessaria per un reality mi auguro che si parli davvero di cucina. In effetti qua e la l'argomento viene toccato con serietà ma ovunque prevale la drammatizzazione del momento, necessaria per mantenere il ritmo televisivo. I piatti preparati sono semplicemente figli di una cucina “continentale” e pseudointernazionale priva di un territorio e di materie prime alle spalle. Per esempio, la finalista donna, tale Bonnie, annovera tra i suoi piatti forti le “fettuccine all'Alfredo”. Come variante d'effetto la cuoca aggiunge gamberetti saltati con un po' di peperoncino. E tutti ad applaudire la grande creazione.
Intendiamoci: non voglio cadere nel luogo comune che gli americani non sanno mangiare. Sono stato negli USA e ho mangiato molto bene. Vi dirò di più: in sala ho visto professionalità di gran lunga maggiore rispetto all'Italia. Questo programma, tuttavia, con i suoi eccessi, anche verbali, dell'estroso conduttore, chef Ramsey, non convince appieno. La scelta dei concorrenti, inoltre, è un casting vero e proprio che mette insieme qualche personaggio pittoresco a qualche vero cuoco. La finale, quindi, è tra due veri cuochi...e gli altri sono serviti per allungare il brodo, tant'è che vengono eliminati per aver scotto la pasta o il riso. Roba che nemmeno la mensa aziendale della FIAT...
Insomma, il risultato complessivo non convince. Troppo show e troppo poca cucina. Troppe prove ma poche sfide vere. La cucina proposta ruota intorno a piatti insulsi dove ciò che conta e la cottura e la speziatura. Cumino, coriandolo, dragoncello... Va tutto bene, peró la banalità regna sovrana.Lo chef Gordon Ramsey perchè crea menu’ sempre con la stessa roba in tutte le edizioni ? Ci sono sempre le stesse pietanze, mai una variante: pettini di mare, capesante, Caesar salad , filetto alla Wellington, pollo...
È certamente significativo che un programma del genere, con quel tipo di conduzione e drammatizzazione, non potrebbe "attecchire" in un Paese come il nostro, dove la buona cucina è una cosa troppo seria per farla scadere nella solita americanata.

domenica 5 agosto 2012

Pisarei e fasò


Come tutte le ricette della tradizione popolare in realtà non esiste la Ricetta con la erre maiuscola. Lo stesso piatto viene preparato con varianti più o meno pronunciate a seconda della zona in cui vi trovate...e ognuno dei cuochi vi giura che si tratta della Vera Ricetta! Addirittura alcuni piatti possiedono delle varianti familiari che rendono ancora più difficile l’individuazione di una regola precisa. Questo, per esempio, è il caso dei “pisarei e fasò”, ricetta piacentina che ho imparato ad apprezzare durante un soggiorno di qualche mese in Val Nure. E’ una ricetta “povera” che si realizzava con gli avanzi e con pomodori e fagioli. 
Pisarei e fasò
Osteria dell’Angiolina, Castell’Arquato (PC)
Per 4 persone
Per l’impasto
2 etti di farina di frumento
2 etti di pan grattato
1 bicchiere di latte
Per il condimento
1 hg di fagioli borlotti secchi
1 cipolla e mezza, mezza carota
una costa di sedano, 1 spicchio d’aglio,
un ciuffetto di prezzemolo
una foglia di allora
20g di prosciutto, 20g di lardo
mezzo mestolo di passata di pomodoro
un mestolo di brodo vegetale
una noce di burro, olio extravergine di oliva
sale, pepe q.b.
Senza dimenticare...
una manciata di farina di frumento
un ciuffetto di prezzemolo extra
parmigiano reggiano (abbondante!)
Tempo di preparazione: 2,5 ore + l’ammollo
La sera precedente mettete in ammollo i fagioli in acqua fredda dopo averli asciugati con cura. In un pentolino portare a ebollizione il latte mescolato ad acqua in pari quantità, poi spegnete la fiamma e versate il pan grattato. Trasferite il tutto su di un piano di lavoro e incorporate la farina fino ad ottenere un impasto omogeneo e malleabile. Ricavate dall’impasto cordoncini spessi circa 1cm e tagliateli a pezzetti lunghi come gnocchetti e premendo al centro di ognuno di essi con un movimento rotatorio date la forma leggermente arrotolata che deve ricordare, vagamente, un’orecchietta pugliese. Spolverate i pisarei con un pò di farina per evitare che si attacchino e dedicatevi al sugo.
Scolate i fagioli e lessateli per un oretta (devono restare sodi) con una foglia di alloro e mezza cipolla.
Nel frattempo preparate un battuto con il lardo, il prosciutto e l’aglio, quindi tritate finemente con la carota, il sedano e la cipolla. Fate soffriggere il tutto in una casseruola con olio e burro e unite quindi il prezzemolo tritato, il brodo e la passata di pomodoro. Cuocete a fuoco moderato finché la salsa non inizi ad addensare, poi aggiungete i fagioli con parte della loro acqua e terminate la cottura aggiustando di sale e pepe. Lessate i pisarei in acqua salata scolandoli con una schiumarola appena affiorano (circa un minuto dal bollore), versateli nella padella del condimento e mescolate, togliendo dal fuoco quando il tutto avrà raggiunto una consistenza morbida ma non brodosa.
Servite con una spolverata di prezzemolo tritato e un’abbondante nevicata di parmigiano reggiano oppure, se riuscite a trovarlo, di “grana piacentino”.
Buon appetito!


sabato 4 agosto 2012

da "Bardon" del Belbo (AT)


Recensire un “mostro sacro” come il ristorante “Bardon del Belbo” non è affatto cosa facile. In effetti non c’è guida gastronomica che non ne parli, tutte in toni più o meno entusiasti. Cosa posso aggiungere io di quanto non sia già stato detto e scritto? Poi, però, mi sono domandato quale differenza ci sia tra il nostro blog e le guide e mi sono ricordato che...il lettore del blog può non essere d’accordo con ciò che il blogger scrive e, di conseguenza, esprimere un suo personale giudizio in maniera pressoché istantanea. Quando invece leggete un giudizio su di una guida... non può fare altro che non comprarla più.qwere 
Bene, che dire quindi? Prima di tutto che ci troviamo di fronte alla famiglia Bardon, alla quinta generazione di ristoratori, gente del mestiere. L’anima di questo ristorante sono Gino e suo fratello Andrea e, in cucina, la mamma Anna coadiuvata da un giovane cuoco, Andrea. Per quale motivo si viene da Bardon? Per la cucina? Per l’enorme carta dei vini? Per la professionalità del personale? Per qualunque motivo veniate qua, diciamo che scommettete sempre sul sicuro. Certamente non si viene qui in Valle San Giovanni per provare una cucina piemontese come si suol dire... “rivisitata”. No, qui la cucina è integralmente piemontese, tradizionale e ripetitiva: stagione dopo stagione le pietanze variano a seconda della disponibilità delle materie prime ma la proposta è sostanzialmente immutata.
Cominciamo dal carrello degli antipasti, dal classico vitello tonnato, ad una favolosa insalata russa, ed un interessante carpionata di pollo, verdure e uova (tipicamente preparata nel periodo estivo) oppure un buon cotechino con la fonduta (tipicamente invernale, of course!) e, se non volete sbagliare, ordinate una buona carne cruda di fassona piemontese battuta al coltello. Tra i primi campeggiano i ravioli quadri monferrini, proposti con vari condimenti, così come i tajarin.  In stagione tutti i primi vengono ovviamente proposti con tartufo bianco d’Alba. Personalmente trovo squisiti gli gnocchi con sugo di pomodoro fresco e basilico. Tutta la pasta viene rigorosamente preparata in casa ogni giovedì.
Tra i secondi una citazione a parte secondo me va fatta per le eccezionali costine di maiale al barbera, un piatto semplice ma particolarmente gustoso. Le costine, cotte nel vino, si sciolgono letteralmente in bocca. Se siete in vena di piatti più “leggeri” vi consiglio lo stinco di vitello al forno oppure ancora il pollo alle olive.
Anche tra i dessert la tradizione regna incontrastata: bonet al cioccolato, mattone di canelli oppure le pesche al moscato. Il carrello dei formaggi prevede un’ampia scelta di formaggi piemontesi con qualche escursione fuori regione e vengono sempre serviti con miele e cugnà.
La carta dei vini è immensa, con una profondità davvero importante. Sempre aggiornata, da la possibilità (a chi può spendere) di accostarsi a grandi vini nazionali ed esteri e l’opportunità (a chi ha disponibilità inferiori) di accostarsi a buone bottiglie con ricarichi contenuti. La scelta dei distillati è eccellente... con un unica critica: perchè non fare anche una carta dei distillati?
Si spende circa € 30/40,00 vini esclusi.
Del Belbo da Bardon
Via Valle Asinari, 25
tel. 0141 831340
Chiuso Mercoledì e Giovedì tutto
Ferie: tra dicembre e gennaio e da Ferragosto fino al 22 agosto
Carte di credito: tutte
Suggerita prenotazione nei mesi ottobre/novembre


giovedì 2 agosto 2012

Novità nel blog!

Cari amici,
Piano piano prendo confidenza con le funzionalità del Blog. Da oggi si puó navigare nelle sezioni, cercare una parola chiave nel blog e iscriversi per ricevere via email i post.
Questo blog, ricordatelo, è uno spazio aperto e aspetto i vostri pareri e le vostre segnalazioni.
A presto

Il vostro
“Informatore Enogastronomico ”
Davide Monorchio

Graci


GRACI

Oggi voglio parlarvi di un’azienda siciliana, etnea, di fondazione relativamente recente: l’azienda vinicola Graci di Alberto Graci. Innanzitutto Alberto, che ho il piacere di conoscere personalmente, è un produttore assolutamente al di fuori dell’ordinario  il quale ha deciso, coraggiosamente, di lasciare Milano e il suo lavoro (dopo essersi laureato in economia e commercio) per dedicarsi completamente alla sua terra ed al lavoro di viticoltore. Oddio, direte, ecco qua un altro di quelli delusi dalla città che torna in campagna.... meno male, rispondo io! La passione di Alberto e la competenza di un grande enologo qual’è Donato Lanati ci hanno donato vini di straordinaria fattura e, finalmente, di grande tipicità. Ritengo infatti che la Sicilia, negli ultimi anni, avesse abbandonato la strada del vitigno autoctono (con qualche eccezione) oppure che avesse imboccato la strada dei cosidetti “vini marmellata”, dotati di grandi sensazioni fruttate e morbidezze ma....tutti tremendamente simili.
In contrada Arcuria, a Castiglione di Sicilia, Alberto possiede 18 ettari di proprietà a quota 600 s.l.m. allevati a spalliera con nerello cappuccio, nerello mascarese e carricante. A quota 1000m s.l.m., immersi nelle piante di fico e gli ulivi, troviamo l’altro vigneto...raggiungibile solo con un fuoristrada. Qualche metro più in là e si possono vedere i segni delle colate vulcaniche più recenti e tutta la terra emana un fascino (e un odore) particolare.
Veniamo ai vini. l’Etna rosso quota 600, un nerello mascalese 100%, è potente, frutatto, a tratti vinoso con evidenti sentori di idrocarburi. Sapido al palato ed equilibrato complessivamente è un vero figlio del dio Vulcano. L’Etna rosso, a sua volta, si presenta come una versione più semplice e meno complessa del fratello maggiore “quota 600”. Minerale e fruttato, invece, l’Etna Bianco, che ricorda l’odore della pietra pomice che, da piccolo, solevo raccogliere sulle spiagge di San Gregorio (Reggio Calabria), proiettate dalla potenza del vulcano in eruzione.
Alberto vinifica solo uve di proprietà ed è coadiuvato dalla sorella Elena nella gestione di questa bellissima realtà sicula.
GRACI
Castiglione di Sicilia (CT)
Località Passopisciaro (Contrada Arcuria)
Distributore esclusivo per l’Italia: F.lli Pellegrini S.p.A. Cisano Bergamasco
sito internet: www.pellegrinispa.net