Estate, periodo di sagre. Manifesti affissi per la Nizza (dove vivo, ndr) descrivono i numerosi eventi dei paesi limitrofi: sagra delle trofie, sagra della porchetta, sagra del fritto misto (pesce), festa della birra, sagra dell’agnolotto...
Mi metto nei panni del turista, magari tedesco o danese, che arrivato in Piemonte si trova di fronte ad una festa di paese tutta incentrata sulla mescita di birra, nemmeno artigianale e locale. E come se io mi trovassi a Monaco durante l’Octoberfest e scoprissi che danno da bere del barbera. Ci sono, quindi, diversi motivi per evitare questo tipo di eventi. Sia chiaro: non tutti sono da evitare, occorre distinguere tra la sagra della nocciola di Cortemilia (assolutamente in tema con il prodotto ed il territorio) e la sagra delle trofie al pesto di un paesino dell’astigiano vicino a Nizza (non lo cito per evitare polemiche). Il distinguo lo dovete fare voi, tenendo acceso il vostro personalissimo radar enogastronomico.
Dicevo che ci sono diversi motivi per evitare questo tipo di manifestazioni. Il primo appare evidente a tutti: come può essere il pesto una salsa tipica dell’astigiano? E’ vero che si può fare il pesto ovunque cresca il basilico ma chiunque abbia assaggiato il vero pesto genovese, quello realizzato con il basilico d.o.p. di Prà, conosce perfettamente la differenza. Questo tipo di manifestazioni, quindi, si pongono al di fuori della tradizione gastronomica locale, non sono “tipiche”: punto e basta. La porchetta è uno degli alimenti più utilizzati per realizzare queste feste “fuori tema”, perchè ben si presta ad attirare un pubblico giovane. Non importa se questa viene comprata già cotta e industriale: tanto si presuppone che i giovani non capiscano niente. Volete la vera porchetta? Particolarmente famosa è quella di Ariccia (Roma): si tratta di una scrofa privata di spalle e cosce, cotta senza interiora e disossata completamente. Viene aromatizzata al suo interno con sale, pepe nero, aglio e rosmarino, legata e quindi cotta allo spiedo per 5 ore. Si tratta quindi di una tradizione propria del centro-sud che niente ha a che vedere con il Monferrato.
Vogliamo inoltre dire che queste associazioni, Pro Loco per la maggior parte, non fanno quindi il lavoro di promuovere davvero il “loco”? Se un posto è quindi privo di tradizioni gastronomiche particolari è obbligatorio inventarsene una pur di tirare su qualche soldo? Vogliamo inoltre dire che queste associazioni non sono soggette alle indicazioni sanitarie delle A.s.l. al contrario dei ristoratori veri e propri? Vi fidate davvero di queste “cucine volanti” e di queste persone che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono completamente digiune delle norme H.A.C.C.P.? Vero è che ci si può anche intossicare in un ristorante, per carità, ma non venitemi a dire che è più probabile. Mi rifiuto categoricamente di credere che i controlli sanitari non servano a niente (e so che se ne fanno parecchi) ma laddove non vengono fatti, ci dobbiamo fidare ciecamente di chi ci sta di fronte.
Ecco dunque le regole per evitare le sagre “inutili” e potenzialmente pericolose:
- Informatevi sulla tradizione gastronomica locale ed evitate tutto ciò che fuoriesce dal “tema”;
- Scegliete sempre alimenti ben cotti, evitando i fritti che vengono realizzati spesso con olio di palma, frazionato o, nel migliore dei casi, con olio di semi che ha oltre 20.000Km di percorrenza.
- Osservate l’interno dello stand e preferite quelli con le cucine “a vista” dove potete osservare le varie fasi della preparazione. Evitate le cucine “nascoste”.
- Osservate gli addetti che devono indossare guanti monouso e cuffie per evitare la caduta di capelli negli alimenti. Evitate inoltre lo stand dove chi è a contatto con il cibo maneggia altro (soldi, taniche di benzina per il gruppo elettrogeno, ecc.ecc.)
Insomma, occhi aperti e se proprio avete voglia di sagra, scegliete con cura, sapendo che ce ne sono alcune molto valide e tipiche che vale veramente la pena visitare.
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